cearl life  

 

Stato dei lavori
Luglio 2003


È IN ARRIVO IL MANUALE OPERATIVO
Passo dopo passo, spiega come realizzare il Bilancio ambientale di un Comune o di una Provincia secondo il Metodo CLEAR -Life
di Ilaria Di Bella

 

Il progetto CLEAR-Life è giunto al termine con successo. I 18 enti locali partner hanno infatti approvato ciascuno il proprio Bilancio ambientale, che contiene un consuntivo dell’anno scorso (e in qualche caso del 2001), più linee di preventivo per il 2003, in modo da poter essere affiancato al bilancio tradizionale, quello economico-finanziario. L’ecobilancio ha seguito infatti lo stesso iter istituzionale degli altri documenti di programmazione economica e finanziaria: è stato esaminato e licenziato dalla Giunta, quindi la proposta è stata sottoposta alle commissioni competenti (per lo più ambiente e bilancio), e infine è arrivata la discussione e il varo definitivo da parte del consiglio comunale o provinciale.
È la prima volta in Europa che un gruppo così esteso di amministrazioni locali approva un Bilancio ambientale, per di più costruito grazie a quasi 2 anni di sperimentazione svolta in modo coordinato, con le stesse procedure utilizzate per il bilancio economico-finanziario.
A giugno il comitato guida, composto dai rappresentanti politici e amministrativi di tutti i partner, ha dato il via libera al manuale operativo (Metodo CLEAR: dalla contabilità alla politica ambientale): le linee guida per realizzare, sulla scorta dell’esperimento appena condotto a termine, un bilancio “verde” secondo il metodo sperimentato, che ha la peculiarità di privilegiare un’ottica per così dire “politica”, ovvero di realizzare uno strumento utile agli amministratori comunali e provinciali sia per stabilire priorità di intervento che per valutare l’efficacia e l’efficienza di azioni, interventi, piani, programmi in tutti i settori che implicano ricadute sull’ambiente.

Il manuale operativo
Metodo CLEAR è il volume che raccoglie tutti gli elementi che vanno a comporre il manuale operativo. Alcuni contributi di autori diversi introducono la filosofia sottesa alla sperimentazione; il corpo centrale del volume descrive il metodo seguito, traccia un modello di riferimento e dà indicazioni circa i principali problemi da affrontare e alcune soluzioni sia teoriche che pratiche; gli allegati contengono esempi, tabelle e schemi di rendicontazione che può essere utile usare per costruire il bilancio.
Il volume sarà disponibile a settembre insieme a un cd (Il Progetto CLEAR: strumenti, metodi, risultati) contenente anche gli strumenti metodologici, i bilanci approvati da tutti gli enti, nonché articoli di commento e valutazione dei risultati.

La filosofia di riferimento
Alla base del processo proposto c’è il passaggio dal “contare, al contabilizzare, al rendicontare”, un modello che in inglese può essere reso dai due termini di “accounting” (ovvero “contabilità”, ma anche “fare i conti”) e “accountability” (ovvero “render conto”, o anche “assumersi la responsabilità di ciò che si dichiara”), in cui il secondo termine indica una tappa successiva rispetto al primo.
La fase del “contare” è quella del monitoraggio e della raccolta di dati sullo stato dell’ambiente e sulle principali dinamiche tra l’economia (e quindi l’uomo e le sue attività) e gli ecosistemi naturali. Può essere completamente scollegata dalle decisioni politiche, anche se è certamente un punto di partenza fondamentale.
Nella successiva fase del “contabilizzare”, i dati, le informazioni, le conoscenze sull’ambiente e sulle interazioni con le attività umane vengono messi a sistema, in modo da poter stabilire dei rapporti se non di causa ed effetto, almeno di correlazione o di influenza, tra i fenomeni economici e sociali e le varie forme di inquinamento. Nasce così il Rapporto sullo Stato dell'Ambiente, una sorta di eco-fotografia di un determinato territorio, che consente di cominciare a delineare trend ed esiti dei fenomeni ambientali.
“Contando” e “contabilizzando” è possibile insomma “amministrare ciò che si misura”, ovvero gestire le informazioni sull’ambiente, altrimenti destinate a divenire un “cimitero di dati”, perché siano utili. È questo ciò che gli anglosassoni chiamano “accounting”: siamo già nel campo della contabilità ambientale, ma non ancora al suo apice, costituito dalla fase successiva, quella del “rendicontare”, che può essere resa con il termine di “accountability”, a dire il vero molto più ricco di implicazioni e senza una precisa traduzione in italiano.
Rendicontare significa appunto “rendere conto”; per un’amministrazione pubblica, guidata da organismi elettivi come un ente locale, implica l’assunzione di responsabilità in relazione a un determinato stato dell’ambiente, e soprattutto agli impatti, sia postivi che negativi, delle politiche economiche, sociali, di settore, sull’ecosistema di riferimento. E siccome le politiche attuate da un Comune o da una Provincia dipendono dalle competenze attribuite all’ente dalla legge e dallo stato di salute del territorio, ma anche dalle priorità stabilite dal programma dell’amministrazione, e quindi dalle decisioni prese dalle giunte e dai consigli, l’adozione di un bilancio “verde” (secondo la filosofia del rendicontare) si traduce nel garantire ai cittadini più trasparenza, più democrazia, e quindi buona governance. In poche parole, significa “misurare ciò che l’ente amministra”.
Al percorso descritto corrisponde anche un’evoluzione storica degli strumenti di gestione dell’ambiente. Dal semplice monitoraggio e dalla raccolta di dati “grezzi” degli anni Ottanta, in cui sono nati in Italia gli assessorati dedicati all’ambiente e lo stesso ministero, si è passati negli anni Novanta ai Rapporti sullo Stato dell’Ambiente, per approdare all’adozione di strumenti più sofisticati come i sistemi di gestione ambientale, l’Agenda 21, la contabilità ambientale e, infine, l’ecobilancio.

La definizione della struttura di rendicontazione
La prima domanda da porsi quando ci si accinge a redigere un Bilancio ambientale di un’amministrazione locale è: su che cosa rendicontare?
Il quesito può apparire banale, ma non lo è, dal momento che siamo abituati a considerare “ambientali” solo le politiche che afferiscono direttamente all’assessorato all’ambiente, cioè aree verdi e parchi, interventi di risanamento di aree inquinate, in qualche caso la difesa del suolo, l’informazione e la formazione in materia di sviluppo sostenibile e poco altro. In realtà i settori che hanno più conseguenze sia dirette che indirette sull’ambiente sono le attività produttive, i lavori pubblici, l’urbanistica, l’energia, i trasporti.
La più grande sfida del progetto è stata di provare ad assumere un’ottica “intersettoriale”, “trasversale” dell’ambiente, di tentare una valutazione degli impatti sull’ecosistema territoriale delle principali politiche settoriali e non solo di quelle più tipicamente definite ambientali. Il primo nodo da sciogliere è stato dunque definire gli “ambiti” del Bilancio ambientale, ovvero i confini dell’attività di rendicontazione.
Quelle che poi sono state denominate “aree di competenza” sono state ottenute incrociando i criteri di sostenibilità della Valutazione Ambientale Strategica utilizzata dall’Unione europea per valutare progetti, piani e programmi, con le competenze attribuite al Comune e alla Provincia dalla legge. Ogni area di competenza è stata poi suddivisa in più dettagliati ambiti di rendicontazione. Per i Comuni sono state definite 8 aree di competenza, per le Province 10.

Tabella 1 / La struttura di rendicontazione per un Comune

Tabella 2/ La struttura di rendicontazione per una Provincia

Come si può vedere dalle due tabelle riportate, sono stati considerati settori soggetti a ricadute ambientali quelli dei trasporti, dell’energia, dell’urbanistica, oltre a quelli più classici relativi alla gestione dei rifiuti, delle risorse idriche e delle aree verdi. È chiaro che si tratta di una classificazione convenzionale, pattuita tra i partner, che in futuro potrà essere ulteriormente estesa per comprendere, per esempio, il settore delle politiche sociali.

La definizione delle politiche
Ma qual è procedura che può essere ripetuta da un Comune o da una Provincia che vuole realizzare il Bilancio ambientale?
La lente di ingrandimento attraverso cui, secondo la filosofia del progetto, è stato filtrato l’approccio alle dinamiche dell’amministrazione è stata quelle delle politiche. Si è detto: per poter decidere, agire, gli amministratori (sindaci, presidenti di Provincia, assessori, consiglieri comunali e provinciali) hanno bisogno di una “cassetta degli attrezzi”, ovvero di strumenti per capire cosa succede all’ambiente e alle risorse naturali, quale impatto hanno le politiche, cosa si può fare con i budget finanziari a disposizione, quali sono gli investimenti “verdi” più produttivi.
Per prima cosa è necessario, quindi, definire le ricadute ambientali delle principali politiche attuate dagli enti locali. Ciascun Comune e ciascuna Provincia devono fare un elenco delle politiche, suddivise in indirizzi, obiettivi, attività e riclassificare questa mole di informazioni (proveniente dall’analisi documentale di programmi politici, relazioni, piani e bilanci) secondo la struttura di rendicontazione adottata, che aiuta ad esplicitare gli aspetti ambientali di ciascun intervento. Si tratta di “rendere esplicite” le politiche per l’ambiente e quindi di far emergere anche il loro ordine di priorità, ovviamente frutto degli intendimenti della giunta. Protagonisti del lavoro, oltre ai dirigenti e agli staff costituiti per la sperimentazione, sono gli assessori e i loro dirigenti, e non solo quelli all’Ambiente, ma anche quelli al Bilancio, ai Trasporti, all’Urbanistica, ai Lavori Pubblici.
Il prodotto finale è un elenco dettagliato, che costituisce un output a sé stante del sistema di contabilità ambientale, perché ricco di informazioni sulle strategie politiche per l’ambiente attuate, o in programma, per il territorio. Il manuale raccomanda di coinvolgere, in questa fase, in modo diretto gli assessori, e non solo la macchina amministrativa, che pure è fondamentale per raggiungere un buon risultato.

Box / La differenza tra indirizzi, obiettivi, attività
Gli indirizzi sono gli impegni strategici di lungo periodo che vanno oltre il mandato dell’amministrazione e che sono realizzati attraverso un insieme coordinato di obiettivi di medio-breve periodo.
Gli obiettivi sono gli impegni strategici di medio o breve periodo contenuti nel programma di mandato, nella relazione revisionale e programmatica o che sono indicati dagli amministratori.
Le attività sono le principali azioni realizzate o che si intende realizzare nel breve periodo per perseguire le politiche ambientali dell’ente.

 

La definizione del sistema contabile
Dopo aver “dichiarato” gli aspetti ambientali delle politiche, è necessario costruire un piano dei conti, che significa scegliere gli indicatori fisici da abbinare alle corrispondenti voci inserite nella struttura contabile, ovvero agli indirizzi, agli obiettivi e alle attività.
Il presupposto di partenza del progetto era quello di non creare nuovi set di indicatori, ma semmai di distinguere, tra quelli già in uso presso gli enti partner (per il Rapporto Stato Ambiente, per l’Agenda 21) i più utili allo scopo di monitorare le politiche e di valutarne l’efficacia e l’efficienza.
A tal fine i 18 enti partner che hanno preso parte al progetto proprio erano già all’avanguardia nell’adozione di sistemi di monitoraggio del territorio. Sono tutti membri del Coordinamento italiano dell’Agenda 21 e pubblicano regolarmente un Rapporto sullo Stato dell’Ambiente; alcuni sono certificati EMAS o ISO 14001, altri avevano sperimentato prime forme di ecobilancio.
Ogni Comune e ciascuna Provincia aveva quindi, già in partenza, a disposizione i dati relativi a diverse centinaia di indicatori fisici, magari anche in serie storica, riguardanti, solo per fare alcuni esempi, qualità dell’aria e dell’acqua, consumi idrici e di energia, produzione di rifiuti e di inquinanti del territorio di riferimento. Si trattava dunque di fare ordine nella gran quantità di dati, e soprattutto di mettere in relazione le informazioni con le azioni dell’amministrazione, per poter fare previsioni e programmi, e in seguito valutarne gli effetti.
La procedura seguita nel corso della sperimentazione, e proposta dal manuale, consiste nella scelta, tra gli indicatori fisici in base ai quali un ente già raccoglie informazioni, quelli più semplici e facilmente rilevabili, più strettamente correlati alle competenze, alle politiche e agli obiettivi dell’ente e soprattutto significativi per amministratori e stakeholder (portatori di interessi).
Il gruppo dei partner ritiene inoltre auspicabile, nel tempo, l’adozione del set dei 10 indicatori + 1 del programma ECI (European Common Indicators) della Commissione europea, pensato per l’ambito urbano e come tale direttamente trasferibile ai comuni, da adattare con modifiche invece all’ambito provinciale.
Il piano dei conti costituisce il sistema contabile dell’ente, che va gestito in modo informatizzato, per sapere con certezza ogni anno dove reperire i dati e come elaborarli.

Box / La definizione di spesa ambientale concordata dai partner CLEAR
“Sono da considerare come ambientali le spese sostenute per attività di prevenzione, riduzione, eliminazione e monitoraggio dell’inquinamento, ripristino e gestione sostenibile del territorio”

La riclassficazione viene effettuata sulla base dei dati presenti nella contabilità finanziaria (quella economica, se pure più aderente alle esigenze informative dell’ecobilancio non è sufficientemente diffusa negli enti locali), i documenti da analizzare sono soprattutto il Conto consuntivo, il Bilancio di previsione e il Piano Esecutivo di Gestione.
Le spese per le quali è stato accertato un contenuto ambientale vengono poi rilcassificate in base alle aree di competenza della struttura di rendicontazione (vedi tabelle 1 e 2). È possibile, in modo più dettagliato, riferire le voci di spesa anche agli ambiti di rendicontazione.
È chiaro che gli “importi stanziati” dall’ente rendono conto delle politiche definite (ovvero delle priorità stabilite), gli “impegni di spesa” rendono conto dello stato di avanzamento relativo all’attuazione delle politiche, mentre gli “importi liquidati” dall’ente rendono conto della effettiva realizzazione degli interventi.
È consigliato coinvolgere nelle operazioni che riguardano i conti monetari anche i responsabili della Ragioneria.
Un capitolo a parte riguarda le aziende dei servizi pubblici locali che gestiscono il rifornimento idrico, lo smaltimento dei rifiuti e i trasporti urbani. Per avere un quadro più realistico della spesa ambientale comunale o provinciale è necessario inserire nel Bilancio ambientale dell’ente anche un quadro dei bilanci di queste società.

Il reporting
Il manuale operativo dedica un intero capitolo alla fase di reporting, che è anche quella più importante ai fini della redazione del Bilancio ambientale e dell’aderenza ai principi cui esso si ispira (più trasparenza, più responsabilità, miglioramento della governance). Al momento della rendicontazione vera e propria è necessario che siano coinvolti tutti i protagonisti che hanno partecipato alla costruzione del sistema contabile, e in particolare gli assessori, che di fatto rendicontano sulla loro attività passata (Bilancio ambientale consuntivo) oppure futura (Bilancio ambientale preventivo). È dunque una fase di assunzione diretta della responsabilità, che predispone alla discussione del documento finale nella giunta, nelle commissioni e nel consiglio. Tutti i partner hanno utilizzato lo stesso schema di rendicontazione.

Box / I contenuti del Bilancio ambientale


Il sistema di governance
La finalità ultima del progetto è di migliorare la governance locale, ovvero l’insieme delle regole di controllo e di guida che caratterizzano l’amministrazione dei comuni e delle province. Il Bilancio ambientale aumenta la trasparenza e favorisce l’assunzione di responsabilità da parte degli attori sociali. Per fare questo deve seguire lo stesso iter istituzionale del bilancio economico-finanziario e dei principali documenti di programmazione, perché ciò garantisce il confronto democratico sui suoi contenuti, nonché l’emersione delle problematiche ambientali dalla nicchia di settore e la loro proficua correlazione con i fenomeni economici e sociali. Il percorso si conclude con l’approvazione da parte del consiglio comunale o provinciale, possibilmente in parallelo con gli altri documenti economici, anche se è preferibile non presentarlo come un allegato del bilancio finanzio per evitare un calo di interesse.
Altro capitolo fondamentale è l’integrazione, necessaria, tra il bilancio “verde” e gli altri strumenti ordinari dell’ente (come il Piano Esecutivo di Gestione, il Piano Regolatore, i contratti di servizio con le aziende dei servizi pubblici locali, la Relazione previsionale e programmatica).
La struttura del piano dei conti e il sistema contabile devono essere oggetto di confronto con i gruppi portatori di interessi presenti sul territorio (stakeholder: associazioni di vario genere e di categoria, scuole, sindacati, parrocchie, comunità di immigrati ecc), anche per incrementare la diffusione di responsabilità.
Tra le priorità dell’ente è possibile inserire un capitolo specifico relativo ai target, obiettivi di medio periodo che in termini percentuali o assoluti quantificano gli impegni dell’ente per la riduzione del consumo di risorse naturali, la produzione di sostanze inquinanti, e in relazione ad altri livelli di prestazione ambientale. Si tratta dell’applicazione di un altro progetto Life, Ecobudget dell’ICLEI, il cui output può essere integrato con profitto al Bilancio ambientale targato CLEAR-Life.

Il Bilancio ambientale a regime
Nella fase di avvio del processo di contabilità ambientale l’ecobilancio viene, di norma, approvato una sola volta all’anno, in corrispondenza con il bilancio preventivo. A regime tuttavia, l’ecobilancio segue lo stesso iter del bilancio tradizionale, e vengono quindi approvati due documenti separati: un consuntivo per l’anno precedente più un preventivo per l’anno successivo.

Box / La struttura del Bilancio ambientale a regime

Le questioni aperte
Quella che si sta concludendo è solo una fase sperimentale di adozione dell’ecobilancio. È chiaro dunque che il metodo e le procedure seguite per la sua realizzazione presentano margini di miglioramento.
Il nodo più spinoso è quello del rapporto tra le reali competenze dell’ente e la risoluzione dei problemi ambientali, per loro natura globali. In questi casi (per esempio per quanto riguarda i cambiamenti climatici) il bilancio “verde” è utile soprattutto per promuovere la consapevolezza e l’assunzione di responsabilità diffusa in relazione a fenomeni planetari.
Ma altre questioni rimangono aperte, in attesa del proseguimento dell’esperienza.
Innanzitutto è necessario promuovere una maggiore integrazione con gli altri strumenti di sostenibilità e di gestione del territorio adottati dall’ente, in secondo luogo occorre prendere in considerazione l’attività delle aziende dei servizi pubblici locali, e prevedere un’integrazione con i loro bilanci.