|
I bilanci ambientali pubblici, così come li stiamo sperimentando in
questi anni, rappresentano una sfida culturale ben maggiore di quanto risulti
dalla loro innocua apparenza contabile.
La posta in gioco, dal punto di vista del metodo, è quella di ottenere
o no un equilibrio efficiente tra rigore scientifico delle tecniche applicate
e concretezza politica degli interventi possibili.
Non è una sfida da poco, perché lapproccio scientifico e
quello politico si muovono su due scale diverse.
La politica ambientale deve trovare soluzioni, spesso dettate dallemergenza,
che vanno agite alla svelta in un quadro dove i rapporti causali tra un fenomeno
e laltro non sono sempre chiariti con certezza. Lazione concreta
sotto la pressione delle diverse forze in campo e delle opportunità
reali prevale sulla definizione sistematica di ciascuno degli elementi
in gioco.
Le scienze ambientali consolidano i propri strumenti nei tempi lunghi della
verifica e del confronto, e validano una metodologia solo quando questa trova
conferma nel rapporto coerente con le altre discipline implicate nellanalisi.
Il rigore formale e la completezza sono preliminari allapplicazione.
Il problema è complicato dal fatto che sia le scienze che le politiche
ambientali sono in una fase di transizione, alla ricerca di quali siano i confini
esatti entro i quali racchiudere il concetto di ambiente (al proposito
si veda Ma di che Ambiente stiamo parlando?, Contabilità
ambientale n. 1). Questo implica che quando occorre identificare le attività
ambientali, per poterle contabilizzare e rendicontare, la questione è
semplice fintanto che si parla di rifiuti, tutela delle acque, emissioni in
atmosfera o gestione delle aree verdi considerate da sempre ambientali
ma diventa molto più complessa quando si ha a che fare con altre
attività, come i trasporti, la sanità o leducazione, che
certamente con lambiente hanno qualcosa a che fare ma è difficile
stabilire quanto.
Inoltre il tentativo di descrivere le attività ambientali come partite
contabili allinterno di un bilancio si scontra con quella che è
forse la contraddizione principale in qualunque discussione che riguardi le
risorse, e cioè con la difficoltà di conciliare le discipline
economiche con lambiente.
La scienza economica, classica e neoclassica, è cresciuta sulle dinamiche
del mercato, concentrandosi sui criteri che regolano la domanda e lofferta
di merci cui è attribuito un valore monetario di scambio. Di conseguenza
non ha mai preso seriamente in considerazione alcune risorse essenziali che
non sono oggetto di compravendita e il cui valore sta esclusivamente nel fatto
che possono e devono essere usate da tutti. Laria, la biodiversità,
la fascia protettiva di ozono o lequilibrio climatico non sono stati oggetto
di analisi in quanto non cera ununità di misura (un valore
monetario) con la quale classificarli.
Negli anni più recenti le discipline economiche hanno dovuto prendere
in considerazione i fattori ambientali, a fronte dellevidenza degli investimenti
implicati, ma potremmo dire controvoglia, affannandosi a tradurre
ognuno dei fenomeni implicati solo nelle componenti che potevano essere monetizzate
secondo la sua sintassi usuale. Così sono nate le esternalità
(costi ambientali che unattività economica induce nel contesto
sociale e che può eventualmente internalizzare), oppure i
costi di protezione o ripristino delle principali risorse ambientali (purché
già dotati di unevidenza contabile) o ancora i tentativi di valutazione
del patrimonio naturale, ostinatamente ricondotti a valori monetizzabili di
mercato. È una strumentazione ancora in fase di collaudo, che rivela
una certa goffaggine quando scende nelle applicazioni concrete (per fare un
esempio, alcune scuole di pensiero economico sostengono: Quanto sarebbe
disposta a pagare la signora Rosa per godere di unatmosfera più
salubre? Bene, quello, secondo il modello dellutilità marginale,
è il valore corrente dellaria pulita
).
In questo contesto i bilanci ambientali pubblici, in particolare quelli sviluppati
allinterno del Progetto CLEAR, tentano di raggiungere lequilibrio
di cui si parlava allinizio ricorrendo inevitabilmente allapprossimazione
e al buon senso.
Come avviene spesso nelle attività con una forte componente sperimentale,
si conosce con certezza la direzione in cui andare ma non si è altrettanto
certi degli strumenti con cui raggiungere il risultato. Occorre provare, verificare
e riprovare, senza farsi mettere in soggezione dal fatto che i metodi non possiedono
ancora il rigore scientifico richiesto. Lobiettivo è fornire strumenti
ai decisori, strumenti di orientamento prima ancora che di conoscenza esauriente,
finalizzati a decisioni rapide e concrete. Ovviamente, meglio se lindagine
è accurata, ma una certa imprecisione è accettabile per raggiungere
lo scopo. Soprattutto se il problema ha i caratteri dellemergenza: se
si deve salvare un bambino che sta affogando, non ci viene in mente come prima
cosa quale sia la tecnica più vantaggiosa per ottenere lottimizzazione
degli attriti in un corpo fluido. Ci si butta e basta. La necessità del
risultato prevale sulleleganza formale del metodo e la sua attendibilità
scientifica.
Quindi, legittimità dellapprossimazione e del buon senso. Ma a
condizione che luna e laltro siano esplicitamente dichiarati, e
validati da una concertazione tra i principali interpreti implicati.
È questo il senso delle cosiddette convenzioni di stima.
Con questa formula, infatti, si intendono tutte le operazioni con le quali si
cerca di attribuire un valore (a unattività o a una risorsa) in
assenza di altri criteri oggettivi utilizzabili. In altri termini, quando non
cè a disposizione un metodo scientifico per contabilizzare
un valore ambientale, ci si mette daccordo su un criterio convenzionale,
che può non essere del tutto rigoroso ma quantomeno rappresenta la migliore
approssimazione possibile e, soprattutto, diventa uno standard che può
essere quantificato, contabilizzato e valutato nel tempo.
I vantaggi sono evidenti: da un lato diventa possibile contabilizzare fenomeni
che altrimenti non potrebbero entrare nel bilancio; dallaltro la convenzione
promuove la concertazione tra le parti, e favorisce processi di confronto e
approfondimento che possono essere migliorati in futuro.
Le convenzioni di stima possono essere utilizzate per valutare lentità
del patrimonio naturale, le attività ambientali o quelle che presentano
componenti ambientali di difficile identificazione; ed è soprattutto
in questultimo caso che si rivelano più utili.
Solitamente identificare come ambientale o non ambientale
una certa azione dipende dalla prossimità del nesso causale tra quellazione
e un effetto ambientale riconoscibile. Se il rapporto causale è diretto
(gli scarichi inquinanti rendono lacqua imbevibile) lazione viene
identificata (limitare gli scarichi è un azione ambientale
di tutela). Se invece è più indiretto (linquinamento atmosferico
aumenta le patologie respiratorie) si fa più fatica a rintracciare il
nesso e si tende a considerare separatamente i problemi e i costi relativi.
In realtà un nesso anche indiretto può essere molto importante
e unanalisi accurata potrebbe consigliare di intervenire proprio a livello
ambientale per contenere alcuni svantaggi sociali, sanitari ed economici pagati
dalle popolazioni residenti. Ma allora si può dire che cè
una quota ambientale nei costi sanitari sostenuti da un ente? O, reciprocamente,
che un investimento ambientale sulla limitazione delle emissioni in atmosfera
produce risparmi nelle spese per la salute? E quali sono queste quote? Come
computare leffetto ambientale delleducazione, tradotto in comportamenti
più sostenibili e, conseguentemente, in riduzione dei costi derivanti
dagli impatti negativi? Cè una componente ambientale nella pianificazione
urbanistica? E di quale entità?
È a questo genere di interrogativi che danno risposta le convenzioni
di stima. Caso per caso la scelta delle formule applicate deve essere il risultato
di una concertazione e di una taratura critica dello strumento contabile nel
territorio di riferimento.
Il caso meglio documentato di convenzione di stima è stato sviluppato
allinterno delle esperienze pilota di contabilità ambientale condotte
dai comuni di Amiens, Nantes, Lione e Poitiers, nellambito di un programma
di ricerca promosso dal Ministero dellAmbiente francese.
In particolare, si è cercato di dare una definizione contabile della
componente ambientale dei trasporti pubblici. Il ragionamento è
stato sviluppato secondo le tappe seguenti:
- Prima ipotesi: considerare come componente ambientale, allinterno dei
costi totali sostenuti per il trasporto pubblico, solo la quota riferibile a
scelte tecniche dichiaratamente ambientali (introduzione di mezzi elettrici,
GPL o metano).
Lo schema è di facile applicazione, ma non riesce a tener conto di uno
dei principali obiettivi ambientali del trasporto pubblico, quello cioè
di sostituire o limitare luso di mezzi privati.
- Seconda ipotesi: assimilare al deficit di esercizio tutte le spese sostenute
per lambiente nellambito dei trasporti.
Questa soluzione (oltre a non risolvere il problema di quali costi valutare)
comporta rischi politici, in quanto non evidenzia il nesso tra investimenti
ambientali ed efficienza del servizio e potrebbe legittimare gestioni al
risparmio meno sostenibili.
- Terza ipotesi: ricavare la componente ambientale da unanalisi degli
utilizzatori del servizio pubblico. Si considerano due gruppi: gli utenti di
base (quelli che per ragioni socioeconomiche non potrebbero comunque fare a
meno del servizio pubblico) e gli utenti svincolati (cioè
coloro che, pur possedendo un mezzo di trasporto alternativo, scelgono comunque
il mezzo pubblico). La componente ambientale corrisponde così al totale
dei costi attribuibili agli utenti svincolati.
Questa convenzione, benché non del tutto soddisfacente, viene adottata,
perché ha il vantaggio di porre in evidenza un elemento strategico generale
della politica dei trasporti e consente di valutarne gli sviluppi nel tempo.
Come si vede, le convenzioni di stima, anche le più laboriose, producono
risultati che non vanno mai considerati definitivi. Si tratta in effetti di
uno strumento pragmatico, che consente loperatività in situazioni
che non sarebbero risolvibili altrimenti e promuove la riflessione e il confronto
tra i diversi operatori.
Lesercizio può essere svolto nelle forme più diverse, a
seconda delle disponibilità e degli interessi prevalenti a livello locale.
Limportante è calibrare la discussione agli obiettivi che ci si
propone, senza scivolare nelle insidie delle problematizzazioni a cascata che,
soprattutto in campo ambientale, rischiano di ramificare ogni questione allinfinito.
Nella pratica, potremmo schematizzare le convenzioni di stima in tre livelli,
rispetto ai quali è bene operare una scelta prima di intraprendere la
discussione.
- Primo livello: parlare la stessa lingua per prendere
decisioni
Non cè modo di fare analisi dettagliate e ci si affida alla
valutazione degli operatori.
Ad esempio, lassessore competente ritiene che gli investimenti per le
rotonde spartitraffico vadano considerati ambientali per il 30% del totale
impegnato e il resto dellamministrazione è daccordo.
Evidentemente non cè nulla di scientifico nella convenzione, ma
essa rivela una volontà e unattenzione strategica importante, che
assume un significato ancora maggiore quando viene trasposta nel bilancio ambientale
e presentata in modo trasparente ai cittadini. I criteri tecnici non possono
essere condivisi, ma vengono condivisi i significati e gli impegni: quanto basta
perché la comunità locale possa, su quel tema, intendersi parlando
la stessa lingua.
- Secondo livello: rendere visibili le relazioni tra attività
diverse
Si riesce a fare unanalisi, concertando non solo la percentuale
di costi pertinente allambiente ma anche il perché,
cioè individuando un criterio definito da cui risulta quella percentuale
(come nel caso dellesempio francese citato più sopra).
Ad esempio, applicando criteri concertati si rileva che per lanno in corso
la componente ambientale nella sanità corrisponde al 12% dei costi totali
e quella nei trasporti al 18%. Rispetto allesempio precedente (primo livello)
la situazione è sostanzialmente diversa. Infatti, poiché la percentuale
non è stata stabilita a occhio ma in base a un criterio quantificabile,
diventa possibile controllare anno dopo anno le variazioni e individuare i trend.
Inoltre, laver individuato un nesso specifico tra attività diverse
(nellesempio, tra sanità, trasporti e ambiente), consente agli
amministratori di programmare e monitorare politiche integrate, favorendo la
collaborazione tra ambiti diversi.
- Terzo livello: delineare un modello generalizzabile
Lente decide di sviluppare unanalisi approfondita, su una
attività che considera particolamente significativa, e predispone un
modello che può essere adattato e applicato altrove.
Ad esempio si decide di analizzare la componente ambientale nellattività
di recupero e valorizzazione dei centri storici. I costi vengono suddivisi e
parametrati in alcune componenti significative (ad esempio: incremento
del turismo, valorizzazione del patrimonio monumentale, recupero di edifici
con conseguente riduzione di altri impatti insediativi ecc). La convenzione
viene applicata dallente ma, localizzando gli impegni di spesa per ciascun
parametro, può essere utilizzata efficacemente da altri enti che presentino
un centro storico con caratteristiche similari.
È auspicabile che la moltiplicazione dei bilanci ambientali pubblici
diffonda questa pratica di riflessione e concertazione, arricchendo anche sotto
questo aspetto la cassetta degli attrezzi per la sostenibilità
a disposizione della amministrazioni locali.